Introduzione

Nella piccolezza delle osservazioni si trova compreso e
compresso tutto il Mistero che ci basta e ci serve per la
sapienza quotidiana del nostro vivere, carissimi studenti.
In questo ‘DNA’ riscontrato nella nostra piccola e atomica
osservazione, in questo microelemento, troviamo già in
nuce tutte le direzioni e le direttive della infinita Verità.
Nel nostro cammino, con l’attenzione necessaria e il dono
della conoscenza specchiata, in questa lente del microscopio
dell’ottica della visione, ecco apparire dunque questo elemento
basilare e caratteristico, fondante l’identità e la peculiarità
di questa nostra novità complessa e elementare.
Complessa per il modo di esaminarla e di approfondirla, che
non ci sarà mai dato di raggiungere in pienezza, ma solo in
parte; elementare, perché la vita del DNA morale è una certezza
e una constatazione dentro di noi, non esterna alla vita,
ma originante la nostra origine e la nostra originalità.
In questo DNA che riscopriamo nel cammino, ecco dunque
la possibilità di trasmissione dei nostri dati della vita, dei
caratteri ereditati e ereditari della nostra anima, nella certezza
che possiamo distinguere e distinguerci nel cammino del
mondo, non confondendo e non confondendoci, ma rilevando
e rivelando con il nostro DNA morale chi siamo e cos’è questo
dono infinito che ci viene riversato, da gustare e da conoscere,
in questa infinita piccolezza e esaltante grandezza che
è questo DNA da riprendere in esame nel nostro procedere.


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Decimo dono: il sacrificale da dirci e da fare.
Volontà sacrificale Paterna: terrestre, passiva, inimicale
sul bene inerente: autorità umana. L’ecclesiale?
5) Monopolio dell’unità: si può fare unità solo con la
Chiesa cattolica. Ma l’unità dei cristiani discende da
quella con Cristo.
a) Se li unisce con la Parola creduta e vissuta.
b) Con una unità di arrivo: accidentale, che va esaurendosi.
La Paterna sostanziale è di partenza.

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del dire
egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare sacrificale.
Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi dite:
Padre nostro che sei nei cieli. Sia fatta la tua volontà sacrificale,
la celeste e la terrestre. Preghiera tutta sacrificale questa,
da dirci e da fare. Il Padre vuole il sacrificale suo celeste.
Vuole pure il terrestre: il suo e il nostro: attivo e passivo;
il cosmico e l’inimicale. Il nemico ci può sacrificare: i beni
componenti, aderenti e inerenti: dignità e autorità umana. La
divina è sacrificale, la genitoriale è egoisticale. E l’ecclesiale?
Col decentramento del sacrificale, ne viene una catena di
interventi egoisticali, tutti monopolizzatori. Dal quarto anello
passiamo al quinto: il monopolio dell’unità. La Chiesa
cattolica ha sempre affermato a parole e con i fatti: l’unità
ecclesiale la si fa solo con me. È un monopolio questo che
fluisce dai precedenti: poiché la verità è tutta da me, e la
gestisco infallibilmente, poiché io sola reco la salvezza forgiando
le coscienze come voglio io, ne consegue che l’unità
la si deve fare solo con me. Solo che l’unità dei cristiani
dipende unicamente dall’unità con Cristo. Con che cosa
Gesù si unisce i cristiani? Se li unisce con la sua Parola:
quella da Lui proferita, dagli evangelisti fissata, e dalla
Chiesa annunciata per esplicito mandato apostolico: andate
in tutto il mondo, annunciate il Vangelo ad ogni creatura.
Come fa a unire con la Parola? Se li unisce con la Parola
ascoltata, creduta e vissuta. Quindi ci su unisce con la fede
operosa. Con l’ascolto della Parola mi accosto a Lui, con la
fede: aderisco a Lui; con la fede vissuta si entra in unione
con Lui. È la comunione fra Cristo e cristiano: è simbiosi di
vita: una vita a due. E che unità è mai questa? È una unità
semplicemente morale o accidentale: è una unità di arrivo
(mentre la Chiesa la dice di partenza): vi si arriva, quindi la
si costruisce gradualmente e successivamente, fino al suo
conseguimento. Amici non si parte ma si arriva. È una unione
costruita dall’amore vicendevole. Il divino non viene
meno, l’umano può. Molto facile e quindi sempre possibile
la sua frantumazione. Ma c’è anche un’unità sostanziale.
Così quella tra il Padre e il Figlio: ‘Tutte le mie cose sono tue
e le tue sono mie’. Una unità che non si infrange e non lo può
neppure. Io conosco per visione l’unità sostanziale che il
Padre ha realizzato con me, al mio incominciare. Quel raggio
divino di amore sacrificale Paterno espropriato mi si è
dato da vivere con una concezione battesimale cresimata, mi
si è unito sostanzialmente e non mi lascerà mai più.
Comunione temporale ed eterna, paradisiaca o infernale. Il
Figlio si è unita la sua Chiesa con una unità solamente accidentale
o morale. Vi si arriva con la Parola veritata creduta e
vissuta con amore a Lui. La prova l’abbiamo davanti. Ci
stiamo sfrondando, riducendo. È in atto sfideamento e smoralizzazione.
Unità in esaurimento.

479

Decimo dono: il sacrificale da dirci e da fare.
Volontà sacrificale Paterna: terrestre, passiva inimicale
sul bene inerente: autorità ecclesiale.
5) Monopolio dell’unità. La cattolica si dà una sua unità
manipolando in parte quella di Cristo, con tre ingredienti:
a) La fede
b) I sacramenti
c) Il regime.
Una unità egoisticale, quale appare dalla pratica della
scomunica.

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Sia fatta la tua volontà
sacrificale, la celeste e la terrestre. Preghiera tutta sacrificale
questa, da dirci e da fare. Il Padre vuole il sacrificale suo
celeste. Vuole pure il terrestre: il suo e il nostro: attivo e
passivo; il cosmico e l’inimicale.
Il nemico ci può sacrificare: i beni componenti, aderenti e
inerenti: dignità e autorità umana. La divina è sacrificale, la
genitoriale è egoisticale. E l’ecclesiale? Col decentramento
del sacrificale, ne viene una catena di interventi egoisticali,
tutti monopolizzatori. Dal quarto anello passiamo al quinto:
il monopolio dell’unità. L’unità ecclesiale dovrebbe derivare
dall’unità con Cristo. Gesù i suoi se li unisce mediante la
sua Parola conosciuta, creduta e vissuta. Una unità di arrivo,
e solamente morale o accidentale, assai inferiore a quella
unità sostanziale di partenza che il Padre fa con ogni creatura
al suo incominciare. Forse per dare sostegno alla fragilità
di quella unità morale, che la Chiesa ha inculcato ed esigito
una sua unità, accuratamente manipolata. Quale? Una
unità piuttosto ferrea affidata a tre concorrenti:
1) Alla fede: onde l’unità di fede. Tutti debbono credere
fermamente tutte e solo le verità di fede che la Chiesa
propone infallibilmente. L’eresia è una insidia pericolosissima
a quella unità, per questo si indaga per scoprirla,
scoperta la si colpisce, colpita la si sradica. Il rigore
dogmatico l’ha sempre praticato, fino al Concilio di
Papa Giovanni che ha avuto il buon intuito di promuovere
non un concilio dogmatico, ma pastorale. Il dogmatismo
della Chiesa cattolica invece di tutelare, ha
gravemente ferito l’unità dei cristiani.
2) L’ha affidata ai sacramenti: onde l’unità dei sacramenti.
Fissa il numero, lo chiude rigorosamente, e ne impone forzatamente
la recezione (Battesimo coatto). Il rifiuto di uno
solo lo tratta come segno di disumanità ecclesiale. (Per la
sua automatica efficacia) Sacramentare tutti e sempre è
stata la regola raccomandata ai sacerdoti. Fino a un’ora dal
decesso si doveva amministrare il sacramento della Santa
Unzione. Integrità numerica era un criterio assoluto.
3) L’ha affidata al suo regime, onde l’unità del regime. La
Chiesa ha una forma di governo che si chiama gerarchia.
Al vertice c’è il potere supremo del Papa al quale
compete non solo un primato di onore, ma di giurisdizione
al quale devono soggiacere tutti. Un potere che
viene partecipato in gradi diversi al collegio cardinalizio,
al collegio episcopale e ai sacerdoti. Ha sempre
esigito piena e indiscussa docilità alla gerarchia.
L’unità progettata e sostenuta dalla Chiesa non ha funzionato.
Una valanga di eresie ha infranto l’unità di
fede. Il rifiuto di taluni sacramenti, come l’Eucarestia
per i Protestanti, ha infranto l’unità dei sacramenti.
L’aperta ribellione al Primato del Sommo Pontefice ha
staccato da Roma intere popolazioni, dando vita a gravissimi
scismi e ad Oriente e ad Occidente.
Avesse accettato il sacrificale della sua unità avrebbe reso più
facile il rientro. Invece, ai frangitori della sua unità ha mostrato
i denti della sua rabbia e ha messo mano alla sua poderosa
vendetta: la scomunica. Siamo dinnanzi all’unità egoisticale
della Chiesa. Ben diversa l’unità sacrificale che Gesù dà alla
sua Chiesa e che noi avremo da ammirare e da imitare.

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Decimo dono: il sacrificale da dirci e da fare.
Volontà sacrificale Paterna terrestre e passiva, inimicale
sul bene inerente: autorità ecclesiale. 5) Monopolio dell’unità.
Gesù compone per la sua Chiesa una unità sacrificale.
Irradiabile in atto ed ecclesiabile col mio sacrificale.
L’unità morale data nei secoli passati, ormai cede alla
irradiazione sostanziale.

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Sia fatta la tua volontà
sacrificale, la celeste e la terrestre.
Preghiera tutta sacrificale questa, da dirci e da fare. Il
Padre vuole il sacrificale suo celeste. Vuole pure il terrestre:
il suo e il nostro: attivo e passivo; il cosmico e l’inimicale.
Il nemico ci può sacrificare: i beni componenti,
aderenti e inerenti: dignità e autorità umana. La divina è
sacrificale, la genitoriale è egoisticale. E l’ecclesiale? Col
decentramento del sacrificale, ne viene una catena di interventi
egoisticali, tutti monopolizzatori. Dal quarto anello
passiamo al quinto: il monopolio dell’unità. La Chiesa si
è data una sua unità marcatamente egoisticale, manipolando
alquanto quella di Gesù.
Una unità egoisticizzata, che ha prodotto gravi, profonde
e vaste divisioni. Non abbiamo che da scrutare attentamente
l’unità che Gesù ha dato alla sua Chiesa. Nell’atto
di umanarsi, il Figlio del Padre, solo potenzialmente può
unire a sé quella porzione di umanità che il Padre affida al
Figlio perché abbia ad ecclesiare. Il potere ecclesiatore lo
attualizza vivendo di quell’amore sacrificale che dal Padre
gli si è dato da vivere in forma personale di Figlio. Occhio
e attenzione al sacrificale crociale del Figlio. Dà il via al
sacrificale con la espropriazione e con la cessione di sé
stesso alla Chiesa dirigente ebraica, tramite l’amico suo:
Giuda, dal quale si lascia vendere.
Si fa condannare a morte dal Sinedrio con una affermazione
verace di se stesso, e da condannato dirige lo svolgimento
della sua passione.
Ottiene un sacrificale totale (fisico, morale, messianico,
divino), pubblico e ufficiale. Lo vive alla maniera divina:
devoto al Padre, silenzioso dentro e fuori, con totale
amore, sicurissimo del risultato meraviglioso che avrebbe
conseguito. Che cosa? La metamorfosi Figliale. Duplice
metamorfosi: la pneumatica prima, e in dipendenza la
somatica, che si pone a conferma della prima. La pneumatica
(il segno solare): una delle attività solari, la più benefica,
è la sua irradiazione: coi suoi raggi luminosi e calorosi
raggiunge tutto il cosmo. Col suo sacrificale si fa irradiabile
nell’umanità che il Padre affida al Figlio. Gli irradiati
se li unisce tutti insieme a se stesso: ecclesiabile.
Come se li unisce? Il suo spirito di amore sacrificale si dà
da vivere a quanti gli si aprono. Se li unisce sacrificalmente
con un sacrificale che il discepolo si dà, quindi attivo; e
che il discepolo accetta, e quindi passivo.
Come l’ha irradiato nei secoli passati? Moralmente o per
impulso pneumatico, sempre veicolato dalla Parola sua ed
effuso mediante la fede. Una irradiazione morale che ha
dato alla sua Chiesa uno stuolo interminabile di santi. Noi
siamo ansiosi perché la sua irradiazione morale va subendo
un gravissimo calo nelle vecchie generazioni, e addirittura
l’esclusione nelle nuove.
Ma questa è un’ora grandiosa nella quale il Figlio può passare
a una nuovissima irradiazione che si equipara a quella
Paterna che si rinnova ad ogni incominciare di vita
umana con una sola differenza: il Padre in tutti inconsciamente,
il Figlio solo nei suoi, affidatigli dal Padre e solo
consciamente. Siamo al via della irradiazione sostanziale,
ossia con la sostanza del raggio d’amore Figliale.
Se la morale ci ha fatti disuniti, la sostanziale ci ridonerà
l’unità sospirata?

481

Decimo dono: il sacrificale da dirci e da fare.
Volontà sacrificale Paterna: terrestre passiva inimicale
sul bene inerente dell’autorità umana. *) Monopolio dell’unità.
L’irradiazione morale non ci dà l’unità che me
l’ha pregata. Come mai che a noi ci ha promesso l’efficacia
orazionale? Gesù deve rinunciare al sacrificale eternale,
ottiene il temporale ecclesiale Pneumatico.

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del dire
egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare sacrificale.
Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi dite:
Padre nostro che sei nei cieli. Sia fatta la tua volontà sacrificale,
la celeste e la terrestre. Preghiera tutta sacrificale questa,
da dirci e da fare. Il Padre vuole il sacrificale suo celeste.
Vuole pure il terrestre: il suo e il nostro: attivo e passivo;
il cosmico e l’inimicale. Il nemico ci può sacrificare: i beni
componenti, aderenti e inerenti: dignità e autorità umana. La
divina è sacrificale, la genitoriale è egoisticale. E l’ecclesiale?
Col decentramento del sacrificale, ne viene una catena di
interventi egoisticali, tutti monopolizzatori. Dal quarto anello
passiamo al quinto: il monopolio dell’unità. La Chiesa si
è data una sua unità marcatamente egoisticale, manipolando
alquanto quella di Gesù. Una unità egoisticizzata, che ha
prodotto gravi, profonde e vaste divisioni. Gesù le ha assegnato
una unità prettamente sacrificale. Si irradia col suo
sacrificale crociale e ci unisce a Lui col nostro sacrificale.
Morale fu la prima irradiazione del suo spirito di amore
sacrificale. L’unità non ce l’ha elargita. Eppure Gesù l’aveva
caldamente pregata nella sua Ultima Cena.
1) Lo attesta sinceramente: ‘Io prego per loro, non prego per
il mondo, ma per quelli che mi hai dati, perché sono tuoi’.
2) Lo afferma presentemente: ‘Padre Santo, custodiscili nel
tuo amore sacrificale, che mi hai dato da vivere in forma
personale, perché siano una cosa sola come noi. Quando
ero con loro, io li custodivo nel tuo amore che mi hai
dato; e li ho protetti e nessuno di loro è perito, eccetto il
figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura’.
3) La effettua non solo per i presenti, ma per i futuri fideandi:
‘Non prego solo per questi, ma anche per coloro
che crederanno in me per mezzo della loro parola,
affinché tutti siano una cosa sola, come Tu, Padre in me
e io in Te, perché anch’essi siano una cosa sola in noi,
e il mondo creda che Tu mi hai mandato’.
È a questo punto che sorge in noi la richiesta di una spiegazione:
hai garantito efficacia alla nostra preghiera:
‘Tutto ciò che domandate al Padre in nome mio ve lo
concederà’. Tu preghi il Padre nel nome tuo, e non ottieni
quello che domandi. Come possiamo credere alla tua
Parola e come possiamo sperare l’esaudimento? Non sempre
la sua preghiera fu inefficace. Prega per Pietro ed ecco
puntuale il suo ravvedimento: Disse poi il Signore:
Simone, Simone, ecco che Satana vi ha ricercati per
vagliarvi come il grano. Ma io ho pregato per te, perché
non venga meno la tua fede. E tu, una volta ravveduto,
conferma i tuoi fratelli’. Come mai allora non ottiene pregando
l’unità della sua Chiesa? Per rispondere dobbiamo
mettere a confronto l’unità e la sacrificalità Figliale.
1) L’unità ecclesiale la si ottiene con la perfetta sacrificalità
di tutta la Chiesa. Gesù si irradia sacrificalmente e
noi ci uniamo con la nostra sacrificalità vissuta. La
nostra non lascia più spazio alla sacrificalità di Gesù.
2) Ma è proprio a questo che Gesù non riesce a rinunciare.
Non gli è concessa la sacrificalità eterna dell’amore,
si prende allora tutta la temporale possibile.
Noi abbiamo conosciuto la sua passione crociale, e quando
la ripensiamo è la commozione che ci prende, è la meraviglia
che ci assale, è la compassione che ci invade. Ma la passione
crociale fu un segno profeticale parlante della passione
pneumatica di Cristo nella sua Chiesa. La distanza enorme
fra le due è segnata dalla fisica immensamente inferiore
a quella pneumatica. Non c’è confronto. Noi non fummo i
suoi crocifissori al Calvario, lo siamo nella Chiesa. Perché
dunque non abbiamo conosciuto l’unità della Chiesa?
Perché Gesù non ha voluto rinunciare alla sua sacrificalità
nella Chiesa. E la sua sacrificalità vale immensamente più
della nostra; per questo la Chiesa non finirà mai nelle mani
di Satana. Il male ecclesiale (i monopoli) ha una sola spiegazione:
Gesù lo vuole per accettazione sacrificale e lo
Pneuma lo fa essere per azione solidale. Devoto accetto.

482

Decimo dono: il sacrificale da dirci e da fare.
Volontà sacrificale Paterna: terrestre passiva, inimicale
sul bene inerente dell’autorità umana. *) Monopolio dell’unità.
L’unità pregata ci dice il male della disunione.
L’egoisticità cattolica mette mano alla scomunica, senza
averne il potere. Mi posso scomunicare io dal Figlio per
sfideamento e dal Padre per infruttificazione.

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Sia fatta la tua volontà
sacrificale, la celeste e la terrestre. Preghiera tutta sacrificale
questa, da dirci e da fare. Il Padre vuole il sacrificale
suo celeste. Vuole pure il terrestre: il suo e il nostro: attivo
e passivo; il cosmico e l’inimicale.
Il nemico ci può sacrificare: i beni componenti, aderenti e
inerenti: dignità e autorità umana. La divina è sacrificale,
la genitoriale è egoisticale. E l’ecclesiale? Col decentramento
del sacrificale, ne viene una catena di interventi
egoisticali, tutti monopolizzatori. Siamo al quinto: il
monopolio dell’unità. Sacrificale è l’unità che Gesù assegna
alla sua Chiesa. Si irradia moralmente col suo sacrificale
(unificante) e si unisce col nostro. Ma la irradiazione
morale non ci ha dato l’unità. Eppure l’ha pregata pubblicamente
dinnanzi ai suoi. Non l’ha ottenuta perché a Gesù
premeva di più il suo sacrificale pneumatico ecclesiale
temporale. Perché l’ha pregata sapendo di preferire il
sacrificale della disunione? Per farci sapere che la disunione
ecclesiale è un nostro gravissimo male. (Cfr. la vite e i
tralci) La nostra egoisticità nella Chiesa ha generato e genera
la lotta religiosa, che crea la disunione. Fu proprio l’egoisticità
della Chiesa cattolica a provocare la ribellione di
interi popoli cristiani. Così interi popoli cristiani fideati
sono insorti contro la Chiesa cattolica fideata. Fideati cristiani
contro fideati cattolici. Ortodossi orientali. Protestanti
in Germania. Anglicani d’Inghilterra. Valdesi della
Svizzera. Ugonotti di Francia. Puritani d’America.
Orangisti d’Irlanda. Tutti contro la Chiesa cattolica romana.
Così si sono odiati e si sono sbranati come belve feroci. Chi
più forti nell’odiare? Chi era più armato.
La Chiesa cattolica ha impugnato un’arma ieri efficace, ma
spuntata oggi. I fideati ribelli li ha buttati fuori dalla Chiesa
con l’arma della scomunica. Scomunicare: ma chi lo può
fare? Scomunicare è recidere uno dalla Chiesa e buttarlo
via. Identico l’anatema: tagliare. È Paolo che incomincia a
invocare la scomunica: scrivendo ai Corinti: ‘Se qualcuno
non ama il Signore, anatema sia’. Ma chi lo può scomunicare?
Gesù irradiato è la vite vera: la Chiesa vera. La Chiesa
Figliale è anche Paterna. È in essa che il Padre svolge due
funzioni: potare e tagliare.
1) In Cristo ci si immette nel fideato: credo a Lui e credo
in Lui.
2) Per restare Chiesa occorre rimanere in Lui.
3) La fruttificazione è propria e esclusiva del sacrificale.
È metamorfosale: trasforma in bene il male liberamente
sacrificato. La scissione da Cristo può effettuarsi:
a) con la mia fuoriuscita per sfideamento. Ci pensa
Satana a buttarlo via, a raccoglierlo per il fuoco.
b) Con la mancata fruttificazione: la recisione allora
spetta al Padre. Quando lo fa?
Quando ogni possibilità di fruttificazione è esaurita.
Sicuramente alla fine della vita. Alla vite non è concesso
di seguire il Padre nella sua infernalizzazione eternale. La
Chiesa non può scomunicare.
1) Il cristiano che non rimane in Gesù sfideandosi: è lui
stesso che si scomunica.
2) Il cristiano che non fruttifica viene scomunicato dal
Padre: lo recide dal Figlio e lo separa per sempre e va
col tralcio nell’eterna morte dell’amore.
Abbiamo scomunicato e non ne avevamo alcun potere.
L’abbiamo fatto con la nostra egoisticità punitiva. Il Papa
attuale confessa molti peccati, ma gli manca quest’ultimo.

483

Decimo dono: il sacrificale da dirci e da fare.
Volontà sacrificale Paterna: terrestre passiva inimicale
sul bene inerente dell’autorità umana. *) Monopolio dell’unità.
L’irradiazione sostanziale già iniziata cosa ci
darà? Unione o disunione? Ci darà frantumazione cattolica.
Toccata dal Visuato Paterno che fa visualizzato il
Figlio non si lascerà degoisticizzare.

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Sia fatta la tua volontà
sacrificale, la celeste e la terrestre. Preghiera tutta sacrificale
questa, da dirci e da fare. Il Padre vuole il sacrificale
suo celeste. Vuole pure il terrestre: il suo e il nostro: attivo
e passivo; il cosmico e l’inimicale. Il nemico ci può
sacrificare: i beni componenti, aderenti e inerenti: dignità
e autorità umana. La divina è sacrificale, la genitoriale è
egoisticale. E l’ecclesiale? Col decentramento del sacrificale,
ne viene una catena di interventi egoisticali, tutti
monopolizzatori. Siamo al quinto: il monopolio dell’unità.
Nella sua Chiesa Gesù ha preferito all’unità il sacrificale
della disunione. Come? Nessuno l’ha potuto distogliere
dal suo sacrificale crociale: né Satana, né Pietro. Così nessuno
può distoglierlo dal suo sacrificale pneumatico ecclesiale
temporale. È vero che ha pregato l’unità dei cristiani,
non per ottenerla, ma unicamente per farci noto il male
gravissimo della disunione, che non la si deve attribuire
alla fragilità della sua irradiazione morale.
Riuscirà l’irradiazione sostanziale a ridarci l’unità? I
tempi sono maturi per passare da una irradiazione morale
a una sostanziale. Sono i tempi nuovi segnati dal Visuato
Paterno che fa visualizzato il Figlio.
Possiamo descriverli ambedue perché il Paterno mi ha
fatto visualizzato il Figlio. Alla luce pneumatica mi sono
guardato, visto, e ora lo dico. Cos’è il Visuato Paterno? Al
mio incominciare sull’umana concezione ecco il farsi
prontamente della divina. Un raggio divino di amore
sacrificale Paterno espropriato mi si è ceduto da vivere
con una concezione battesimale cresimata inconscia.
Satana me lo ha egoisticizzato e istintivizzato, componendone
un meccanismo automatico infernale che in ogni
azione mi fa scorrere la morte dell’amore. Il Visuato
Paterno mi ha fatto visualizzato il Figlio, che col suo sacrificale
si fa irradiabile ed ecclesiabile. Mi vedo giungere un
raggio divino del suo amore sacrificale.
Mi si dà da vivere al sacrificale con una concezione battesimale
cresimata conscia. È gia iniziata l’irradiazione sostanziale
del Figlio. Siamo alla stella del mattino, poi seguirà
l’alba, poi l’aurora e infine il sole nascente. Visuato e fideato
si incontreranno. Non sognate un incontro amicale, un
abbraccio sfiduciale, perché quell’incontro sarà subito uno
scontro. Come mai? Il Visuato ha il compito di rinnovare
tutto il fideato dopo di averlo degoisticizzato.
1) Che è successo all’incontro fra novità evangelica e
antichità ebraica? La Chiesa ebraica si è subito allarmata,
si è agitata e si è inviperita, si è scatenata con tutto
il furore del suo odio egoisticale e convintamene ha gridato
la sua vittoria su una novità giudicata insidiosa e
fatale alla sua vitalità. Non si è lasciata degoisticizzare:
da qui lo scontro frontale.
2) Cosa avverrà nella Chiesa cattolica raggiunta dal
Visuato? Stiamo radiografando l’egoisticità di una
Chiesa fideata. Il monopolio ha spaziato ovunque: nella
verità, come nella infallibilità, nelle coscienze come
nella salvezza, nell’unità come nel potere.
Il fideato si sentirà toccato, minacciato, aggredito e abbattuto.
La risposta sarà una sola. Come la scintilla in una
polveriera provoca uno scoppio disastroso, così sarà la
scintilla nella polveriera della egoisticità ecclesiale.
Scoppierà un odio religioso accanito, furibondo, spietato e
crudele. Sarà la Chiesa fideata contro la nuova Chiesa
visuata. Cardinali contro cardinali. Vescovi contro vescovi.
Sacerdoti contro sacerdoti. Cristiani contro cristiani.
Una carneficina morale, religiosa, cattolica. A quando? I
tempi sono lunghi. Il maestro già vi dice con chi stare.
Con i sacrificati, non con i sacrificatori. Unità non l’avremo.
Lui non rinuncia al sacrificale.

484

Decimo dono: il sacrificale da dirci e da fare.
Volontà sacrificale terrestre passiva inimicale sul bene
inerente dell’umana autorità. *) Monopolio del potere.
Potere e potenza. L’umana bene conosciuta, non così la
divina, che l’uomo biblico pensa simile all’umana coefficientata
al massimo. Una potenza che non regge alle
prove dell’impotenza e crolla.

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Sia fatta la tua volontà
sacrificale, la celeste e la terrestre. Preghiera tutta sacrificale
questa, da dirci e da fare. Il Padre vuole il sacrificale
suo celeste. Vuole pure il terrestre: il suo e il nostro: attivo
e passivo; il cosmico e l’inimicale. Il nemico ci può
sacrificare: i beni componenti, aderenti e inerenti: dignità
e autorità umana. La divina è sacrificale, la genitoriale è
egoisticale. E l’ecclesiale? Col decentramento del sacrificale,
ne viene una catena di interventi egoisticali, tutti
monopolizzatori. Passiamo all’ultimo anello: il sesto: il
monopolio del potere. Per prima cosa dobbiamo fissare il
significato di due termini ricorrenti: potere e potenza.
1) Potere: quella capacità operativa sugli altri che consente
possibilità di azione in uno specifico settore. I settori
sono molteplici: religioso, politico, economico, sindacale.
Essi ci danno il potere politico che a sua volta
va in molte suddivisioni: potere legislativo, potere esecutivo,
potere amministrativo, potere giudiziario. Ci
danno pure il potere economico, il potere sindacale.
2) Potenza: è data dalla somma di tutti i poteri. I poteri
incarnati in una nazione ci danno la potenza nazionale.
Quando una potenza nazionale supera quella delle
altre, allora parliamo si superpotenza. L’umanità ha
conosciuto bene e esperimentato la potenza umana: chi
la esercita e chi vi soggiace. È la sua condizione di vita.
Non così bene conosceva la potenza divina. In assenza
della sua manifestazione, la persona religiosa biblica si
è sforzata di darsene un’idea.
Come fa? Prende a immagine la potenza umana, l’ha elevata
alla massima coefficienza e poi l’ha collocata in Dio. Ne
è risultato un Dio forgiato alla maniera umana. In terra un
uomo potente. In cielo un Dio Onnipotente. Un grande istinto
religioso ha avuto l’ebraismo quando riconobbe in Dio
una potenza strettamente e esclusivamente personale: la sua
potenza creatrice. Tutte le altre sono di attribuzione umana:
la potenza legislatrice, la potenza minacciante, giudicante,
vendicatrice e punitiva. Da questa è venuta la descrizione del
peccato e la spiegazione della morte fisica. Un comando
proibtivo, una minaccia punitiva, un giudizio applicativo e
una condanna definitiva. Un Dio simile fu facile chiamarlo
Signore. Uno che si muove liberamente da assoluto e unico
dominatore nell’esercizio dei suoi poteri. Dio Onnipotente.
Così l’abbiamo creduto e non disponevamo di nessun’altra
conoscenza che fosse migliore di questa. Noi stessi ce ne
accorgiamo che un Dio simile non regge in tutte le situazioni
che incontriamo. Davanti ai tragici eventi cosmici, davanti
ai genocidi, davanti al dilagare di ogni forma di violenza,
davanti ai massacri di popoli interi, davanti alle efferatezze
sui bambini, noi siamo assaliti da un forte dubbio: dov’è
l’onnipotenza divina che ci hanno fatto credere, capace di
fermare la mano omicida? Dobbiamo dire: inutile invocare
perché in Dio. Che potenza è la sua?

485

Decimo dono: il sacrificale da dirci e da fare.
Volontà sacrificale Paterna: terrestre, passiva, inimicale
sul bene inerente dell’umana autorità. L’ecclesiale?
*) Monopolio del potere. Che potenza è la divina? Dal
raggio Paterno che mi si è ceduto espropriato alla sua
radice trinitaria. Movimento espropriativo non collocato
dagli uomini in Dio. In noi è movimento appropriativo. Il
Padre è espropriazione generativa.

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Sia fatta la tua volontà
sacrificale, la celeste e la terrestre. Preghiera tutta sacrificale
questa, da dirci e da fare. Il Padre vuole il sacrificale
suo celeste. Vuole pure il terrestre: il suo e il nostro: attivo
e passivo; il cosmico e l’inimicale. Il nemico ci può sacrificare:
i beni componenti, aderenti e inerenti: dignità e
autorità umana. La divina è sacrificale, la genitoriale è
egoisticale. E l’ecclesiale? Col decentramento del sacrificale,
ne viene una catena di interventi egoisticali, tutti
monopolizzatori. Passiamo all’ultimo anello: il sesto: il
monopolio del potere. Non conoscendo la potenza divina
l’uomo biblico ha collocato in Dio la potenza umana elevata
al massimo coefficiente. Ma la potenza umana è egoisticale
e in Dio non c’è spazio alcuno per una simile potenza.
È più che legittima la richiesta: che potenza è quella divina?
(Il fideato fu ingannato da quell’idea biblica) Ci siamo
arrivati sulla via del Visuato Paterno. Ci siamo visti alla
luce pneumatica il raggio divino di amore Paterno che mi
si è dato da vivere con una concezione battesimale cresimata
inconscia, e l’ho trovato espropriato perché passato in
proprietà mia (cessione espropriativa). Il Visuato mi ha
sospinto a salire in alto col pensiero e a guardare dentro nel
talamo eternale trinitario, per scorgervi la sorgente: un
gesto espropriativi impensabile da noi. Infatti se in noi non
c’è espropriazione, ma c’è appropriazione, noi non ci
espropriamo, ma ci appropriamo. In noi non c’è cessione in
proprietà altrui, ma acquisizione in proprietà nostra. Non si
potevano collocare in Dio i due movimenti contrari, sono
possibili per una qualità che si accompagna ad ogni essere:
sia umano che divino. È la proprietà (mi appartengo).
Senza di essa non ci sarebbe alcun movimento.
1) Io sono mia proprietà: io sono mio. Prima lo sono al
mio incominciare. Poi mediante la crescita evolutiva
sono passato alla proprietà in atto. Di questo mio passaggio
si è impadronito l’amore Paterno egoisticizzato
e me lo ha integralmente egoisticizzato, per cui al presente
devo dire: io sono proprietà mai egoisticale. In
me c’è stato un dissesto.
2) E in Dio? Anche in Dio c’è proprietà. Dio è sua proprietà.
Che movimento ha la sua proprietà? Se ci fosse
il mio: movimento appropriativo, quel movimento non
esisterebbe perché è l’assoluto, è l’unico, nulla fuori di
sé di cui appropriarsi.
In Dio c’è il movimento opposto e contrario al mio. In Lui c’è
espropriazione. Dio è proprietà sacrificale. Dio è amore sacrificale.
Dovendo presentarlo in atto puro quale realmente è
senza la presenza di alcuna potenzialità come siamo noi, lo
devo chiamare così: il Padre è espropriazione: per questo è
cessione. La cessione espropriata è personificazione di Figlio
e poiché il Figlio vive di quell’amore Paterno, è comunione
di vita eternale. È la comunione trinitaria. Chi non è colto da
sorpresa e da ammirazione al pensiero che la eterna sacrificazione
Paterna è generazione eterna di Figlio, per l’azione
dello Pneuma che fa generazione Figliale la sacrificazione
Paterna. Non è solo Paternità in atto puro, ma è Paternità
Materna che opera passaggio totale di proprietà. Il padre e la
madre umani sono una immagine pallidissima del Padre.
L’uomo passa qualcosa di sé alla donna e la donna si mette a
parziale disposizione del figlio. Il Padre è cessione totale di
sé. La fecondità di ogni sacrificale. Padre Onnipotente nell’eterno
amore sacrificale. Potenza sacrificale.

486

Decimo dono: il sacrificale da dirci e da fare.
Volontà sacrificale Paterna: terrestre, passiva, inimicale
sul bene inerente dell’umana autorità. E l’ecclesiale?
*) Monopolio del potere. La Paterna divina è sacrificale.
Scende dalle altezze per arrivare all’abisso sacrificale: la

morte dell’amore. Discende con la sua metamorfosi sacrificale.
Si dà il DNA o codice genetico. Da atto puro alla
sua potenzializzazione. Nel contempo è la generazione
temporale del Figlio. Fecondità marginale
 
Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Sia fatta la tua volontà
sacrificale, la celeste e la terrestre. Preghiera tutta sacrificale
questa, da dirci e da fare. Il Padre vuole il sacrificale suo
celeste. Vuole pure il terrestre: il suo e il nostro: attivo e
passivo; il cosmico e l’inimicale. Il nemico ci può sacrificare:
i beni componenti, aderenti e inerenti: dignità e autorità
umana. La divina è sacrificale, la genitoriale è egoisticale.
E l’ecclesiale? Col decentramento del sacrificale, ne viene
una catena di interventi egoisticali, tutti monopolizzatori.
Siamo all’ultimo anello: il sesto: il monopolio del potere.
Dio ha taciuto su quella potenza divina egoisticale che l’uomo
biblico ha collocato in Lui. Sono giunti i tempi della sua
personale manifestazione. Lo fa col Visuato Paterno, col
quale mostra all’uomo il movimento espropriativo di quel
raggio divino che gli si è dato da vivere al suo incominciare.
Risalendo dal raggio fino al sole divino, ecco la sorgente
eternale di un tale movimento. Il Padre vi è sacrificazione-
personificazione di Figlio, eterna comunione.
Ora ci è palese la divina potenza: è potenza sacrificale.
Queste altezze solitarie permangono eternamente intatte.
Solitarie: perché vi è solo la Trinità infinita, e perché sono
irraggiungibili da chiunque, pure da Maria. Da quelle altezze
deve essere disceso, diversamente noi non ci saremmo,
ed è disceso per davvero trasformandosi. Il motore metamorfosale
è nella sua potenza sacrificale evolutiva. Come

mai discende? Perché nel talamo eternale non può raggiungere
l’abisso sacrificale. Nel talamo eternale non è
possibile la morte viva dell’amore. Ma questo è l’abisso
sacrificale cui vuole arrivare, e che gli può essere dato
solamente dalla egoisticizzazione totale e definitiva dell’amore.
Eccoci alla Paterna metamorfosi sacrificale
discendente: parte dall’atto puro eternale per il quale è
espropriazione - cessione - personificazione di Figlio,
eterna comunione. Pur restando tale, passa alla sua potenzializzazione:

si potenzializza, si riduce, si riduce fino a
farsi un concentrato sommo di potenzialità sacrificali che
andranno evolvendosi successivamente. Si compone il suo
DNA: il suo codice genetico sacrificale. Così si esprime la
sua potenzialità sacrificale o piccolare.
Il Padre si fa espropriabile, cedibile, concepibile, vivibile
e moribile. Potrà ottenere la morte dell’amore lasciandosi
egoisticizzare. L’atto metamorfosale esplode simultaneamente
in una fecondità inimmaginabile. Fecondità generativa.
È la generazione temporale del Figlio. Il Padre in
metamorfosi si cede espropriato in forma personale di
Figlio. Agente lo Pneuma, si dà da vivere al sacrificale. Il
DNA Figliale è composto: la sua umanazione, nella pienezza
dei tempi sacrificali, la sua libera sacrificazione, la
sua metamorfosi pneumatica, la sua irradiazione, la sua
ecclesiazione, la sua metamorfosi somatica. Una vita al
sacrificale Figliale.
Fecondità marginale: la sua creatività angelicale, cosmica,
umanale, la temporale. La storicità, l’infernalità, la celestialità.
Come il Padre, così il Figlio. Una sola la sua
potenza: Onnipotenza Sacrificale.

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Decimo dono: il sacrificale da dirci e da fare.
Volontà sacrificale Paterna: terrestre, passiva, inimicale
sul bene inerente dell’umana autorità. E l’ecclesiale?
*) Monopolio del potere. Il Figliale: partecipato dal
Padre: ogni potere. Identità di potenza, ma disparità di
esercizio. Glieli passa per generazione:
1) Potere celeste: quello beneficale e quello sacrificale
2) Potere terrestre: esercita il beneficale e con esso consegue
il suo sacrificale che gli dà il potere ecclesiale.

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del dire
egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare sacrificale.
Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi dite: Padre
nostro che sei nei cieli. Sia fatta la tua volontà sacrificale, la
celeste e la terrestre. Preghiera tutta sacrificale questa, da
dirci e da fare. Il Padre vuole il sacrificale suo celeste. Vuole
pure il terrestre: il suo e il nostro: attivo e passivo; il cosmico
e l’inimicale. Il nemico ci può sacrificare: i beni componenti,
aderenti e inerenti: dignità e autorità umana. La divina
è sacrificale, la genitoriale è egoisticale. E l’ecclesiale? Col
decentramento del sacrificale, ne viene una catena di interventi
egoisticali, tutti monopolizzatori. Siamo all’ultimo
anello: il sesto: il monopolio del potere. Il Visuato Paterno ci
ha mostrato luminosamente la vera potenza divina. La
Paterna: onnipotenza sacrificale: tutto può nell’amore sacrificale.
La Figliale è: potenza sacrificale. Nell’amore sacrificale
può tutto quello che è consono al Figlio. È il Padre che
la partecipa al Figlio. Partecipazione che non importa parità
di esercizio (Identità di potenza) La disparità la esprimiamo
in due termini: onnipotenza Paterna, potenza Figliale. È la
disparità di esercizio che dà spazio all’affollarsi di desideri
nel Figlio, che il Padre non soddisfa. Due ne conosciamo:
1) L’angelicazione del Figlio per salvare il Padre che vi si
è irradiato e infernalizzato in una porzione di esso.
2) La partecipazione all’eterna morte dell’amore Paterno
nelle umane creature.
Cosa voleva dire il Figlio con quell’ ‘ogni potere’? Identità di
potenza o anche parità di esercizio? Infatti in una delle apparizioni
su quel monte che in precedenza aveva indicato Gesù si
accosta agli undici e prende a dire loro: ‘Mi è stato dato ogni
potere in cielo e in terra’. Chi parla è il Figlio umanato, sacrificato
e risuscitato. È Gesù il quale afferma candidamente di
aver ricevuto ogni potere in cielo e sulla terra. Ci sono tutti i
poteri del Padre anche se non sarà possibile uniformità di
espressione (esercizio). Come glieli passa? I poteri umani sono
convenzionali: sono composti da una società bene organizzata
e poi vengono assegnati o per elezione o per mandato. I poteri
del Figlio sono generazionali: passano dal Figlio per generazione
temporale. È il Padre che si cede espropriato da vivere al
sacrificale in forma personale di Figlio. È la generazione che
ha con sé i poteri Figliali. Quali sono? Gesù stesso fa distinzione
fra poteri celesti e terrestri. Non disgiunti, ma congiunti.
Quali sono i celesti? Stanno tutti nell’amore Paterno che gli si
dà da vivere in forma personale di Figlio. L’amore è beneficale
e ciò che fa essere è bene. L’amore è sacrificale e con esso
il bene lo trasforma in meglio. Dal cielo due poteri: potere
beneficale e potere sacrificale: il primo solo in funzione del
secondo. Quali sono i terrestri? Esercitando i celesti consegue
i terrestri. Potere beneficale: risana e risuscita con una duplice
finalità. Con quei segni profeticali fa sapere che a sacrificale
compiuto potrà risanare e risuscitare dalla malattia o dalla
morte dell’amore. Ma con quei segni Gesù accende, alimenta
e fa dilagare quel sacrificale fisico, morale, messianico e divino
che vissuto alla maniera divina gli farà conseguire quel
potere ecclesiale che Gesù va esercitando da 20 secoli in
mezzo agli uomini. In un solo potere: benefical-sacrificale, ci
sono tutti. Passaggio ai suoi. Per non errare pericolosamente
teniamoli in congiunzione finalizzata: il bene per il sacrificale.